Quasi cento anni sono trascorsi dalla fondazione, nel 1910, di Confindustria, tanti quanti ne sono passati fra la rivoluzione industriale, avviata all’inizio del Novecento dalla diffusione della forza motrice elettrica e dagli sviluppi del settore metalmeccanico, e la rivoluzione tecnologica dei giorni nostri, nata dagli eccezionali effetti indotti dalla microelettronica e dall’informatica.
Percorrendo questo lungo cammino l’Italia è uscita, con gradualità e tenacia, da una condizione di arretratezza economica e di subalternità nella divisione internazionale del lavoro trasformandosi infine in una società industriale avanzata.
Non si è trattato di un percorso semplice e rettilineo, ma estremamente complesso, con numerose battute d’arresto.
Prima che gli imprenditori italiani riuscissero a far nascere, nel 1910, (quasi contemporaneamente alla costituzione della Confederazione generale del lavoro), una propria associazione capace di rappresentare e tutelare gli interessi del mondo industriale è stata necessaria una lunga gestazione, durata per quasi mezzo secolo a partire dalla data dell’unificazione nazionale.
Un obiettivo difficile per una imprenditoria che ha dovuto far valere i propri diritti di cittadinanza in un Paese che, per tanto tempo, aveva continuato a reggersi quasi esclusivamente su un’economia agricola e artigianale, all’interno di una società statica e tradizionalista in cui, ai vertici dello Stato, dominavano solo gli esponenti della grande proprietà fondiaria e del capitale finanziario legati a doppio filo con l’alta banca francese e inglese.
Si è ormai perso il ricordo di quanta e quale somma di energie e fatiche costò quel primo appuntamento con la rivoluzione industriale.
L’Italia in quel periodo pose le fondamenta del suo processo di sviluppo al culmine dell’età liberale, non solo grazie alle stampelle fornite dallo Stato in nome del “lavoro nazionale” ma soprattutto grazie al dinamismo e alle capacità di un numeroso gruppo di “capitani” d’industria alcuni dei quali destinati a dar vita a forti dinastie imprenditoriali.
Una svolta questa che, nonostante gli squilibri settoriali e territoriali, evitò alla penisola la stessa sorte di alcuni paesi del Mediterraneo e dei Balcani, condannati a restare nelle aree di sottosviluppo dell’economia europea.
L’Italia, da allora, ha intrapreso il cammino (che è stato più volte sul punto di interrompersi, durante il periodo fascista e all’indomani della guerra) che l’ha portata, da un quarto di secolo a questa parte, ad affermarsi fra le nazioni più industrializzate del mondo.
La quasi totalità delle imprese che, sopraffatte dalla grande crisi degli anni trenta, erano passate alla mano pubblica, e che nel 1957 (dopo l’istituzione del ministero delle partecipazioni statali) si erano staccate dalla Confindustria, hanno fatto ritorno nell’ambito della “casa madre” in seguito alle privatizzazioni.
La base, lo “zoccolo duro” della Confederazione, si è rafforzata in termini quantitativi e qualitativi grazie al contributo di idee e di energie di un numero crescente di piccole unità produttive. Grazie a imprenditori consapevoli delle proprie attitudini e potenzialità, che hanno dato un ineguagliabile contributo allo sviluppo dei rapporti con la società civile, con le realtà e le istituzioni locali, con il mondo culturale e delle professioni.
La Confindustria ha assunto così una fisionomia sempre più complessa e consistente tanto nelle sue articolazioni periferiche che in quelle centrali.
Oggi non è più soltanto un’organizzazione sindacale di categoria. E nemmeno si può dire che sia espressione di quelli che vengono definiti in gergo politico, i “poteri forti”, ossia i principali gruppi industriali.
Anzi proprio grazie a una configurazione sempre più pluralista e alla vocazione innovatrice che la caratterizza, sono divenute sempre più importanti le sue responsabilità nella ricerca di una soluzione dei grandi problemi del paese attraverso il dialogo e il confronto con le altre componenti del mondo della produzione e del lavoro.
Sfide sempre nuove sono oggi come ieri sulla strada dello sviluppo e della crescita economica: la missione di Confindustria è di affrontarle alla costante ricerca di soluzioni per il sistema produttivo e per il Paese.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.confindustria.it
Confindustria
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