Lo scorso luglio 2020, Confindustria ha avviato una quarta indagine sugli effetti della pandemia da Covid-19 per le imprese italiane. I risultati vengono presentati in modo comparato con quelli raccolti a maggio (terza edizione dell’indagine) subito dopo la riapertura di molte aziende.
Si è registrato un miglioramento rispetto all’indagine precedente, seppure il quadro rispetto al 2019 resti negativo: in termini di fatturato la perdita media di giugno rispetto allo stesso mese del 2019 è stata del -24,5% (da -48,4% di aprile); mentre in termini di ore lavorate del -17,6% (da -46,3%).
Continua ad aumentare il numero di aziende aperte: l’85,2% delle imprese intervistate ha riaperto totalmente (in maggio erano il 73,8%) mentre il 12,9% lo ha fatto solo in parte (da 20,3%). Le aziende ancora chiuse sono l’1,6% (da 5,9%).
I dipendenti inattivi si attestano al 17,7%, in riduzione rispetto al 28,5% registrato nell’indagine precedente. L’utilizzo del telelavoro è diminuito, attestandosi al 19,2% dei dipendenti totali delle aziende intervistate (da 29,2%).
In calo, seppure resti elevato, il numero dei dipendenti delle aziende intervistate che potrebbe dover ricorrere ad ammortizzatori sociali (CIGO, FIS, etc.): il 13,0% in luglio da 37,6% in maggio.
Dall’analisi delle risposte qualitative risulta chiaro il bisogno di ulteriore sostegno per le imprese da parte delle istituzioni. È auspicabile che vi siano ancora provvedimenti per facilitare l’accesso alla liquidità e al credito, ma anche un alleggerimento della fiscalità o almeno un rinvio delle scadenze al 2021. Si richiede anche un prolungamento degli ammortizzatori sociali e di altre misure per rilanciare la domanda.
L’applicazione dei protocolli sanitari ha fatto sì che ci sia stato un aumento dei costi mensili sostenuti in media per lavoratore pari a 125 euro.
Per reagire alla crisi le strategie introdotte più frequentemente dalle imprese sono la riduzione dei costi fissi (scelta dal 23,5%) e l’ampliamento dei target di mercato (17,9%).
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