“Il nuovo Codice parte con dei principi condivisibili. Ma questi principi serviranno per risolvere la principale criticità del mercato delle opere pubbliche, cioè quello dei tempi di realizzazione?“. È la domanda posta dal Presidente dei costruttori romani, Antonio Ciucci, nel corso del convegno “Codice dei contratti pubblici. Evidenza pubblica e fase esecutiva”, organizzato da BonelliErede in collaborazione con Wolters Kluwer. Ciucci ha ricordato che “per realizzare un’opera sopra i 100 milioni, in questo Paese, ci vogliono mediamente 16 anni, in cui l’80 per cento è equamente distribuito tra la fase a monte, dedicata alla progettazione e acquisizione dei pareri, e la fase di esecuzione. Solo il 20 per cento del tempo è destinato alla fase di gara vera e propria”. È proprio sulla fase di esecuzione, dunque, che è urgente intervenire, affinché le opere “possano essere fatte bene e in fretta”, proprio nel rispetto dei principi enucleati dal Codice. “Per fare le cose serve la stazione appaltante ma serve anche l’appaltatore; e da parte della stazione appaltante servono qualità e competenze, perché i principi non sono sufficienti per gestire le questioni complesse che riguardano le opere pubbliche”. Ciucci ha evidenziato i diversi nodi che è necessario affrontare, a partire dall’inadeguatezza dei prezziari: “Abbiamo necessità che un’opera in base d’asta sia correttamente computata e pagata”, ha detto il Presidente. Altre questioni riguardano la disciplina delle varianti – nell’ottica di una flessibilità indispensabile per portare avanti un’opera pubblica – e il collegio consultivo tecnico, “un ottimo strumento, ma da potenziare”.
Il Responsabile Area Lavori Pubblici Ance Roma – ACER, Luca Celata, ha invece approfondito nel suo intervento il tema dell’illecito professionale: “Come categoria siamo preoccupati per la qualificazione dell’illecito professionale come fattispecie aperta. Rimessa cioè alla valutazione di ogni singola stazione appaltante. In questo il Codice ha fatto dei grandi passi avanti nel senso della tipizzazione delle ipotesi che costituiscono illecito professionale. Non altrettanto, a nostro giudizio, in ordine ai mezzi di prova”. “Per noi – ha detto poi Celata – è indispensabile quantomeno un accertamento sia pure non definitivo rimesso a un soggetto terzo e sottratto alla singola stazione appaltante. Per alcuni illeciti penali il Codice ha previsto la necessità di una sentenza sia pure non definitiva, per altri continua a reputare sufficiente la richiesta di rinvio a giudizio. Per noi è necessario un richiamo generalizzato almeno alla sentenza non definitiva”. C’è poi il problema, ha concluso il dirigente, “dei protocolli di legalità allegati ai bandi di gara. In molti casi questi aggiungono cause di esclusione difformi dalla norma. Infine un richiamo ai settori speciali: questi ultimi possono individuare cause di esclusione ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma. Dubitiamo della conformità di tale previsione rispetto all’art.10 del Codice che sancisce la tassatività delle cause di esclusione”.