Il Centro Studi di Confindustria prevede un graduale recupero del PIL italiano, concentrato nella seconda metà di quest’anno, arrivando al +4,1% nel 2021 e al +4,2% nel 2022. A fine 2022 l’economia dovrebbe colmare la voragine aperta nel 2020 dalla pandemia.
Questa previsione è condizionata all’avanzamento della vaccinazione di massa in Italia ed Europa: l’ipotesi è che il Covid sia contenuto in modo efficace dai prossimi mesi. Un importante contributo alla risalita del PIL sarà fornito dagli effetti derivanti dalle risorse europee che spetterebbero all’Italia: secondo una simulazione econometrica, senza il programma NG-EU il recupero del PIL sarebbe minore di 0,7% nel 2021 e di 0,6% nel 2022.
Dopo l’ampia perdita nel 2020 (-9,1%), gli investimenti sono previsti aumentare a ritmi elevati. Nel 2021 del +9,2%, anche se gran parte del recupero è stato già “acquisito” nella seconda parte del 2020. Nel 2022 oltre i valori pre-Covid (+9,7%), grazie al migliore contesto internazionale. Gli investimenti privati saranno frenati dal debito “emergenziale” delle imprese: secondo una simulazione econometrica, un allungamento del rimborso dei debiti avrebbe un impatto positivo sul PIL di +0,3% nel 2021 e di +0,2% nel 2022.
OCCUPATI
Nella risalita dell’economia attesa per il 2021, si avrà un riallungamento delle ore lavorate pro-capite; il numero di persone occupate, invece, è atteso ancora in calo (-1,7%), dopo la flessione limitata al -2,8% nel 2020 (770mila occupati in meno nel quarto trimestre 2020 rispetto a fine 2019). Nel 2022, secondo anno di risalita del PIL, ci sarà spazio anche per un recupero del numero di occupati (+1,4%, pari a +313mila unità).
Il deficit pubblico è stimato in graduale calo, ma su valori ancora elevati: 7,8% del PIL nel 2021 e 4,8% nel 2022, dal picco di 9,5% nel 2020. Il debito pubblico in rapporto al PIL, dopo il balzo di 21 punti nel 2020, arriverà al 155,7% quest’anno. Poi inizierà a scendere, al 152,9% nel 2022, per il miglioramento del deficit e la risalita del PIL.
Per quanto riguarda l’indebitamento delle imprese italiane, che si erano rafforzate patrimonialmente prima della crisi, ma hanno fatto un massiccio ricorso ai prestiti “emergenziali” nel 2020, è necessario rivedere gradualmente le policy. Oltre ad allungare il periodo di rimborso dei debiti, nel lungo periodo occorre sostenere il riequilibrio della struttura finanziaria delle imprese, con la promozione di canali di finanziamento alternativi, in particolare quelli del capitale azionario.
La politica economica in Europa ha mirato a scongiurare aumenti eccessivi della disoccupazione, con il sostegno al reddito dei lavoratori in caso di riduzioni dell’attività. L’impatto della crisi sul mercato del lavoro europeo è più drammatico per i giovani e per le donne, per i dipendenti a termine e per quelli a bassa qualifica. I processi di automazione e digitalizzazione sono stati accelerati dalla crisi: l’80% dei datori di lavoro intende rafforzare la digitalizzazione e il lavoro a distanza e il 50% l’automazione del lavoro. Le politiche del lavoro devono essere rimodulate per aumentare l’occupabilità degli individui, compresi i lavoratori in CIG, i disoccupati, gli scoraggiati fuori dalla forza lavoro, e di facilitare la ricollocazione verso nuovi lavori e settori in espansione.