Il Centro Studi Confindustria stima un profondo calo del PIL italiano del -10% nel 2020 e un recupero parziale del +4,8% nel 2021 (Tabella A). La contrazione del PIL di quest’anno porta i livelli indietro a quelli di 23 anni fa. L’impatto della crisi sanitaria è stato leggermente più negativo di quello atteso alcuni mesi fa, portando a una lieve revisione al ribasso delle stime rispetto allo scenario delineato dal CSC a maggio.
I consumi delle famiglie italiane sono previsti diminuire dell’11,1% quest’anno, un tracollo senza precedenti, e poi recuperare solo del 5,9% nel 2021.
L’impatto della pandemia è stato ancor più devastante per gli investimenti che sono previsti diminuire del 15,8% nel 2020. La forte caduta della domanda già da febbraio, la cancellazione di ordini e il peggioramento delle attese hanno costretto le imprese a rinviare molte scelte di investimento. Nel 2021 è atteso un rimbalzo robusto, ma comunque incompleto (+9,7%).
Negli ultimi mesi il credito è tornato ad aumentare in Italia, ma solo per la provvista di liquidità. Lo stock di prestiti bancari alle imprese è in crescita da marzo, con una progressiva accelerazione (+4,4% annuo a luglio, +14,0% circa stimato entro fine anno). Questo incremento è alimentato in maniera determinante dalle nuove garanzie pubbliche per il credito, varate dal Governo per fronteggiare la carenza di liquidità nel sistema delle imprese generata dal lockdown.
Le imprese italiane stanno ottenendo i prestiti bancari richiesti per finanziare le scorte, il capitale circolante e anche la ristrutturazione del debito. Questo aiuta molto nel breve termine, ma con il calo previsto per gli investimenti di per sé non alimenta la crescita. E finisce per pesare sul debito bancario delle imprese, quindi sulla solidità dei bilanci. La quota del debito bancario sul passivo totale salirà da 16,5% a 18,4% nel 2020 (stime CSC), annullando parte del de-leveraging dell’ultimo decennio.
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