Nel mese di marzo 2023, l’Istat stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (nic), al lordo dei tabacchi, registri una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento del 7,6% su base annua, da +9,1% nel mese precedente; la stima preliminare era +7,7%.
Il rallentamento dell’inflazione si deve, in primo luogo, alla decelerazione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +40,8% a +18,9%) e alla flessione di quelli degli energetici regolamentati (da -16,4% a -20,3%), i cui effetti sono stati solo in parte compensati dall’accelerazione dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,7% a +9,1%), di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +3,3% a +3,5%), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,1% a +6,3%) e dei tabacchi (da +1,8% a +2,5%).
L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, resta stabile a +6,3%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che si attesta a +6,4%.
L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,0% per l’indice generale e a +4,0% per la componente di fondo.
Nel primo trimestre 2023 l’impatto dell’inflazione, misurata dall’ipca, è più ampio sulle famiglie con minore capacità di spesa rispetto a quelle con livelli di spesa più elevati (+12,5% e +8,2% rispettivamente).
Infine, i prezzi del “carrello della spesa” rallentano su base tendenziale, scendendo a +12,6%.
Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluoghi di regione con più di 150mila abitanti l’inflazione più elevata si osserva a Genova (+9,8%), Palermo (+8,7%) e Perugia (+8,6%). A Roma si colloca al 7,3%.