Tra il 23 ottobre e il 16 novembre 2020, è stata condotta dall’ISTAT la seconda edizione della rilevazione “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”.
Nel corso della rilevazione, il 68,9% delle imprese ha dichiarato di essere in piena attività, il 23,9% di essere parzialmente aperta – svolgendo la propria attività in condizioni limitate in termini di spazi, orari e accesso della clientela. Il 7,2% ha invece dichiarato di essere chiuso: si tratta di circa 73 mila imprese, che pesano per il 4,0% dell’occupazione. Di queste 55 mila prevedono di riaprire mentre 17 mila (pari all’1,7% delle imprese e allo 0,9% degli occupati) non prevedono una riapertura.
Il 68,4% delle imprese (che rappresentano il 66,2% dell’occupazione) dichiara una riduzione del fatturato nei mesi giugno-ottobre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel 45,6% dei casi il fatturato si è ridotto tra il 10% e il 50%, nel 13,6% si è più che dimezzato e nel 9,2% è diminuito meno del 10%. Rispetto a quanto rilevato per il bimestre marzo-aprile 2020, si conferma dunque un’elevata incidenza di imprese con il valore delle vendite in flessione.
Sul versante opposto, la quota di imprese che fanno registrare una flessione del fatturato superiore al 50% è più alta nel Lazio (18,3%), in Sicilia (17,4%), Campania (17,3%) e Calabria (17,1%).
Per il periodo dicembre 2020 – febbraio 2021, il 61,5% delle imprese prevede una contrazione del fatturato rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente.
Al fine di diminuire il rischio di contagio molte imprese hanno dovuto adattare gli ambienti di lavoro, in modo da consentire il distanziamento dei lavoratori nelle varie fasi dei processi produttivi.
Il 41,3% delle imprese, rappresentative del 28,3% dell’occupazione, non ha modificato gli ambienti di lavoro: il 6,5% perché tecnicamente impossibile o troppo costoso; il 34,8% per altre motivazioni. Il mancato adeguamento degli spazi riguarda in particolare il settore delle costruzioni, dove il 54,6% delle imprese non ha ritenuto di dover intervenire e il 7,6% non è stato in grado di farlo a causa dei costi elevati o dell’impossibilità tecnica.
Lo shock sul fabbisogno di liquidità generato dalla crisi continua a trovare nel credito bancario lo strumento di risposta principale: tra giugno 2020 e il momento della rilevazione il 35,4% delle imprese (30,1% in termini di occupati) ha scelto l’accensione di nuovo debito bancario, anche tramite le misure di sostegno introdotte dai decreti in materia.
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