Nel biennio 2018-2019, periodo pre-pandemia, le compravendite residenziali da parte di stranieri sono state 106 mila, con un fatturato complessivo di 9,3 miliardi di euro.
I protagonisti assoluti degli acquisti sono stati lavoratori immigrati di lunga residenza, con alle spalle almeno una decina d’anni di soggiorno in Italia e una situazione lavorativa stabile già da qualche anno, condizione necessaria all’ottenimento del finanziamento.
Per il 2020-2021, a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, si stima un totale di 56 mila compravendite immobiliari da parte degli stranieri, in calo di quasi la metà rispetto al biennio precedente. Questi sono alcuni dei dati dell’Osservatorio Immigrati e casa realizzato da Scenari Immobiliari.
Nel 2020 si sono registrate 26 mila compravendite di abitazioni da parte di stranieri, con un calo del 52,7 per cento rispetto al 2019, con un fatturato il fatturato di 2,2 miliardi di euro (-54,2 per cento in un anno) e con una spesa media per l’abitazione intorno agli 85 mila euro.
L’incidenza delle compravendite di cittadini immigrati sul totale delle compravendite è calata al minimo storico del 4,8 per cento (nel 2019 era stata circa il 9 per cento, mentre il massimo si era realizzato nel 2007, quando il 17,3 per cento degli acquisti complessivi era stato realizzato da stranieri).
Per il 2021 si stima una ripresa degli acquisti da parte di immigrati con 30 mila compravendite, (+15,4 per cento rispetto al 2020) associata a un fatturato di 2,5 miliardi di euro (+13,6 per cento rispetto al 2020). Rimangono le difficoltà di accesso al mutuo: gli stranieri raramente hanno il cinquanta per cento del prezzo in contanti necessario per l’acquisto. Inoltre, non sempre ci sono sufficienti garanzie per il pagamento del mutuo.
Per il 2022, fermo restando la ripresa economica sostenuta dal recovery fund e un’epidemia sotto controllo, le previsioni sono positive, verso un recupero del livello delle compravendite pre-pandemia.
Nei capoluoghi gli immigrati si spostavano generalmente dalle zone ad alta densità di stranieri, per comprare in quartieri abitati da italiani: questa tendenza si è bloccata.
L’acquisto localizzato fuori dalla città è passato dal 50 per cento del 2019 al 56,2 per cento nel 2020, e si stima ancora in crescita per il 2021 (57 per cento). L’acquisto in zona periferica è mutato dal 34 al 35 per cento, quello in zona semicentrale dal 5 al 4,3 per cento e in quella centrale dal 4,8 al 3,7 per cento. Dati che indicano un peggioramento delle possibilità di acquisto degli immigrati dovuto alla crisi economica innescata dalla pandemia.
Gli acquisti di stranieri si distribuiscono prevalentemente al nord con il 77 per cento, al centro con il 19 per cento, al sud e nelle isole con il 4 per cento.
Nel 2020 il 64 per cento vive in affitto, mentre il 7,4 per cento abita presso il luogo di lavoro e il 7,6 per cento alloggia presso parenti o altri connazionali, mentre il 21 per cento vive in una casa di proprietà.
Nel 2021, continua la tendenza ad un aumento della componente dell’Europa dell’est che passa dal 68 per cento al 70 per cento. In calo gli acquirenti di nazionalità cinese e indiana, rispettivamente al 9,5 per cento e al 10,4 per cento.
Una domanda d’acquisto da parte delle famiglie straniere esiste ed è stimata in almeno un milione di persone che, in affitto o coabitazione, avrebbe un reddito sufficiente per pagare un mutuo per la casa tra i 500 e gli 700 euro mensili, ma poca disponibilità di risparmi.